IL VELO DELLA DISCORDIA
- Alessia Maria Di Biase
- 20 ago 2016
- Tempo di lettura: 2 min

La questione del velo continua a far discutere e dividere.
In questi tempi dove il lavoro scarseggia assistere alle rivolte dei lavoratori che si oppongono agli ordini dei loro superiori a costo anche di perdere il posto pur affermare le proprie idee, suona quanto mai anomalo.
Eppure è successo.
In Francia, dove già la tensioni sociali sono abbastanza alte a causa delle proteste contro la riforma del lavoro, come se non bastasse si è aggiunta anche la rivolta delle hostess di Air France che si sono letteralmente ribellate alla compagnia Francese, per l’obbligo a loro imposto di indossare il velo e i pantaloni nella tratta tra Parigi – Teheran
Le leggi della Repubblica Islamica infatti impongono l’utilizzo del velo nei luoghi pubblici per tutte le donne, ma le hostess Air France non ci stanno e chiedono di potersi rifiutare senza però avere conseguenze negative nel rapporto di lavoro, e alla fine ce l’hanno fatta.
Dopo una lunga trattativa tra sindacati di categoria e la compagnia si è giunti alla soluzione che garantisca la “liberté” per entrambe le parti.
E così il personale che deciderà di lavorare su questa tratta dovrà indossare il velo nel rispetto delle leggi del paese, tuttavia chi vorrà potrà legittimamente rifiutarsi di svolgere turni di lavoro su questo volo senza incorrere però in sanzioni.
Una bella vittoria quella delle hostess, a sostegno di tutte quelle lavoratrici (e lavoratori) che troppo spesso sono costrette a subire le pressioni del datore di lavoro per la paura di opporsi.
Sul discorso del velo si può essere più o meno d’accordo, ma a prescindere dal merito della questione, che può riguardare l’obbligo di indossare il velo piuttosto che imposizioni rispetto a l’orario di lavoro, congedi, ferie, dimissioni in bianco ecc.. quello che conta in questa vicenda è il metodo.
Le lavoratrici non hanno avuto paura di difendere e affermare le proprie ragioni, mettendo avanti agli interessi economici la loro indiscutibile personalità.
Allora, anche se a volte facciamo fatica a pensarlo, dovremmo sforzarci di ricordare che il lavoro, prima di essere un dovere, è un diritto, un diritto fondamentale dell’uomo, l’unico strumento che ci consente di salvaguardare la dignità, lo sviluppo e la libertà; non a caso infatti il testo “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” è stato inserito nel primo comma, dell’articolo 1 della Costituzione Italiana.
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