IL MARE UNISCE LE TERRE CHE DIVIDE
- Alessia Maria DI Biase
- 6 set 2016
- Tempo di lettura: 2 min

Basta digitare su google “bambino morto sulla spiaggia” per trovare questa foto in cento e più versioni, grandezze e angolazioni.
Poco più di un anno fa, quest’immagine ha fatto il giro del mondo, destando il dolore, lo sconforto, lo sdegno ma anche l’impotenza per un’emergenza senza pari.
Ma a distanza di tanti mesi le immagini che si ripetono sono sempre le stesse.
A nessuno dovrebbe essere tolto il diritto alla vita, quando questa accadde ad uomo c’è da riflettere ma quando accade ad un bambino c’è da riflettere ancora di più.
Nell’ultima fiera internazionale dell’economia del mare tenutasi a Gaeta, in particolar modo rispetto ai rapporti Italia-Tunisia, si è più volte sottolineato come il mare sia una grande risorsa economica per il nostro paese ma tuttavia anche scenario di terribili tragedie.
Il problema delle migrazioni è sempre più attuale e urgente e questo piccolo corpicino abbandonato sulla riva purtroppo non è rimasta un’immagine isolata perchè i viaggi della speranza continuano e ogni giorno le coste Italiane sono il porto dove centinaia di migranti approdano in cerca di salvezza.
Ma la scelta di una soluzione condivisa per l’Europa è ancora in discussione: alzare muri e chiudere le frontiere o costruire ponti per l’accoglienza?
L’Italia nonostante tutto è sempre in prima linea nell’emergenza, questa sanguinosa piaga resta un problema profondo, è sempre più difficile intravedere la parola fine su questo argomento, tuttavia non si sa se ridere o se piangere quando si sentono certi discorsi sull’accoglienza dei migranti.
Da un lato si vorrebbero spalancare le porte a tutti ma dall’altro le resistenze sono forti e viene da chiedersi, in certi casi, come può arrivare ad aprire le braccia a uno straniero, colui che non riesce ad istaurare un dialogo neppure con il proprio vicino di casa, collega, fratello o amico di infanzia.
Anche Papa Francesco nella sua ultima visita a Lesbo ha lanciato il suo grido d’aiuto, portando a casa 12 migranti ha mostrato al mondo tutta la sua sofferenza per questa catastrofe che ha definito più grave della seconda guerra mondiale, nonché tutta la sua debolezza.
Se queste sono le basi sulle quali edificare il ponte dell’accoglienza la strada che si prospetta, appare piuttosto lunga e ora la palla bollente passa all’Europa che guarda al nostro mare con difficoltà e a volte con incomprensibile estraneità, quasi dimenticando che il mare unisce le terre che divide.
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