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IN NOME DEL POPOLO SOVRANO

  • Alessia Maria Di Biase
  • 26 ott 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

In apparenza sembrerebbe molto semplice scegliere per un SI o per un NO, in effetti basta solo mettere una croce quando siamo chiamati a votare ai referendum che, per un motivo o per un altro, non hanno mai riscosso molto successo.


Ultimamente però, siamo chiamati spesso a esprimere la nostra opinione e se da una parte questo ci consola, perché evidentemente ciò significa che quello che pensiamo conta ancora qualcosa, dall’altra inizia anche un po’ a insospettirci il fatto che così facendo praticamente dobbiamo sostituirci alla classe politica che, incapace di fare una scelta, ecco che chiede l’aiuto del pubblico.


Quest’anno in particolare ce lo ricorderemo per l’anno dei referendum.


Abbiamo iniziato in Italia, con quello delle famose quanto odiate trivelle, tanto rumore per il No, tanta paura nel caso avrebbe vinto il SI e poi non si è raggiunto il quorum ed è finita così.


Qualche mese dopo, il referendum che potremmo definire storico e cioè quello che ha siglato la fine della tormentata storia di amore-odio tra l’Inghilterra e l’Europa; tutti credevano e speravano nella vittoria del No e invece a sorpresa gli Inglesi hanno scelto il SI, infischiandosene di tutti quei paventanti pericoli ai quali gli era stato detto che sarebbero andati incontro e che puntualmente non si sono avverati.

Meno “famosi” ma altrettanto importanti i recenti referendum della Svizzera e della Colombia.


Gli Svizzeri, probabilmente sulla scorta del modello inglese lanciano l’iniziativa “Prima i Nostri” che incassa, a dispetto delle previsioni, il consenso dei votanti ottenendo una sorta di diritto di preferenza al lavoro per gli Svizzeri (o i residenti in Svizzera) rispetto ai transfrontalieri.


Ma quello che ha sorpreso davvero tutto il mondo, è stato l’esito del referendum Colombiano, indetto per ufficializzare una volta per tutte l’accordo di pace, tra il Governo Colombiano e le FARC (Le forze armate rivoluzionarie della Colombia), tra l’altro un accordo di fatto già sancito dopo una lunga trattativa, che ha visto anche l’intervento del Vaticano.


Eppure, a sorpresa i cittadini Colombiani hanno votato contro la pace, o per lo meno così ci hanno fatto credere i giornali.


Ma la verità non è proprio questa, non è vero che i Colombiani non vogliano la pace, il problema è che non la vogliono alle condizioni proposte; hanno capito, che il loro voto in questo caso sarebbe servito a ben poco dato che, le parti interessate l’accordo se l’erano già fatto tra di loro e volevano, attraverso il referendum, farlo passare per una scelta popolare.


Perché il più delle volte è così, quando si arriva al referendum le parti politiche hanno già deciso da che parte andare, ma per non prendersi la responsabilità delle conseguenze della scelta ecco che fanno ricorso al popolo sovrano, cercando di abbindolarlo con la pubblicità e gli slogan d’effetto.


Tuttavia, la fatica e l’energia che si sta impiegando per il prossimo Referendum Costituzionale dimostra che l’elettore non si lascia più sedurre così facilmente come la classe politica pensa, e i risulti dell’Inghilterra e della Colombia ce lo dimostrano, non basta più minacciare il paese che il voto sbagliato potrebbe portarci nel baratro (dove per molti siamo già finiti), non serve promettere l’irrealizzabile per portare a casa il risultato sperato, perché siamo bene capaci di vedere cosa si nasconde tra le righe del quesito referendario.

Attenzione a non tirare troppo la corda, lanciare sfide a cittadini attraverso il referendum può essere pericoloso, bisogna pesare bene le parole, non giocare sugli equivoci e con i numeri, perché il paese non appartiene a chi lo governa, ma a chi lo popola, al popolo sovrano.






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