SI, CAMBIA
- Alessia Maria Di Biase
- 1 dic 2016
- Tempo di lettura: 2 min

E’ iniziato il conto alla rovescia e finalmente il quattro Dicembre sapremo cosa ne sarà dell’Italia.
E’ stata una campagna referendaria infuocata, agguerrita, che non ha risparmiato niente e nessuno, se ne sono dette e se ne continuano a dire di tutti i colori, il terrorismo mediatico l’ha fatta da padrona minacciando gli elettori che la vittoria del SI sarebbe la completa distruzione del nostro paese, la morte della Costituzione, la fine del Governo e chi più ne ha più ne metta.
Eppure, qualcosa di buono c’è stato anche in questa occasione.
Chi più, chi meno, tutti ma proprio tutti, grandi e piccini, giovani e meno giovani hanno finalmente parlato, discusso o quanto meno pensato almeno per un momento alla nostra Costituzione; questo vuol dire che, a modo nostro, vogliamo ancora bene alla nostra Italia e quando si parla di diritti, principi e valori, ci sentiamo tutti vulnerabili.
Tutti sappiamo che la Carta Costituzionale è divisa sostanzialmente in due parti più la parte dedicata ai principi fondamentali cioè democrazia, sovranità, diritto al lavoro, solidarietà, uguaglianza, tanto per capirci la parte più importante, la trave maestra sulla quale si regge tutto l’apparato Costituzionale.
Questa parte, come tutti sappiamo (o dovremmo sapere) non sarà investita dal referendum restando esattamente così com’è, allo stesso modo non cambierà la prima parte della Costituzione dedicata ai diritti e doveri dei cittadini, per esempio la libertà personale, di espressione, di azione in giudizio e poi ancora il diritto alla salute, alla tutela del lavoro, della famiglia ecc.. .
In breve, quindi, quello che ci interessa di più non sarà oggetto di modifica ed è quindi difficile pensare una “distruzione e rovina” della nostra Costituzione se poi, in effetti, le parti che più ci interessano non vengono alterate.
Sicchè, quello che cambierà sarà sostanzialmente il contenuto della seconda parte della Costituzione, per accelerare i tempi di approvazione delle leggi e riordinare le competenze Stato-Regione.
Adesso però conosciamo bene le regole del gioco e questo ci fa sentire più sicuri rispetto a un potenziale futuro cambiamento del quale possiamo solo immaginare le conseguenze.
Il fatto che il futuro incerto e prevedibile (fino a un certo punto) spaventi è normale, quello che non è normale però è continuare a vivere in un paese lento, articolato, complesso e complicato, vecchio, che si trascina come una vecchia carcassa.
Sicuramente, come in tutti i grandi temi che riguardano il futuro del nostro Paese, ognuno aggiunge e toglie qualcosa a seconda del proprio personale interesse, è molto probabile che questa riforma si sarebbe potuta fare meglio e avrebbe potuto portare qualcosa di più, ma se ogni volta che dobbiamo fare un piccolo passo aspettiamo la perfezione e l’approvazione dell’unanimità, rischiamo di non muoverci mai dal punto nel quale siamo impantanati da decenni.
E comunque, c’è una cosa che accomuna tutti, per il Si o per il No, nessuno è contento di come vanno le cose, nessuno ne può più del nostro modo di fare e di vivere in questo paese ma è inutile continuare a lamentarsi se poi non si agisce concretamente, e allora, la scelta appare quasi scontata, come diceva
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