Lavagna bianca
- Alessia Maria Di BIase
- 23 feb 2017
- Tempo di lettura: 2 min

Il fatto del sedicenne suicida in provincia di Genova, è diventato una “lavagna” bianca sulla quale ognuno scrive ciò che vuole; un fatto estremamente doloroso ma, purtroppo, altrettanto estremamente grave per la scuola, per la famiglia, per il mondo delle adozioni.
Che cosa può scattare nella mente di un giovane adolescente per portalo a fare un gesto tanto estremo? Tutti se lo chiedono ora, a fatto compiuto.
La vicenda mette con le spalle al muro tanto i genitori quanto la scuola, spesso delegata a svolgere un ruolo che, probabilmente non le appartiene o forse non le appartiene completamente, quella di educatore.
E allora, la domanda nasce spontanea, la scuola, deve solo insegnare o anche educare?dovrebbe fare entrambe le cose, ma come è possibile conciliare le regole dell’educazione con il rigore dello studio ?.
Una tragedia nella tragedia quella di questo ragazzo, un figlio perso due volte per questa coppia che aveva scelto il percorso dell’adozione per diventare genitori;
Il ragazzo, infatti, di origine colombiana era stato adottato quando aveva solo un anno, ed ecco che questo piccolo particolare diventa subito il capro espiatorio di tutta questa amara faccenda perché purtroppo, checchè se ne dica, l’adozione resta un argomento molto bello, affascinante, ma ancora vittima di tanti pregiudizi.
Essere sradicati dalla proprie origini può sicuramente costituire un fattore destabilizzate, ma se questa fosse la regola generale, non si spiegherebbe perché tanti altri ragazzi fanno ancora uso di droghe, vivono in un perenne stato di conflitto con la famiglia, rifiuto alla scuola, difficoltà a socializzare eppure non sono ragazzi adottati il più delle volte, non provengono né dalla strada né dai centri sociali.
A ben vedere il più delle volte sono ragazzi nati, vissuti e cresciuti in famiglie benestanti, case accoglienti, genitori onnipresenti, super viziati, super coccolati e super giustificati.
Probabilmente ha ragione la madre di questo ragazzo che nella sua sofferenza ha voluto trovare uno spiraglio di luce, chiedendo ai ragazzi, giovani come il suo, di smetterla di guardare il cellulare, parlarsi solo sulla chat e vivere nel mondo che si stanno creando.
Questo ragazzo non è morto perché adottato o figlio adottivo di genitori separati, è morto perché evidentemente nella sua fragilità adolescenziale non ha retto più il peso e l’indifferenza che questa società gli ha scaricato addosso.
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